Perversioni o dipendenze?


Non sono simulacri, ma tossicodipendenze,
in ”Corriere della Sera”, 17 marzo 2008.    


    C`è ancora spazio nell`esperienza contemporanea per le perversioni? Non sono queste strutture psichiche troppo complesse  e raffinate per avere la possibilità di svilupparsi e di esprimersi  in un mondo come il nostro, in cui tutto sembra diventato futile, immediato ed effimero? Come scrisse Platone, citando un motto di origine orfica: ”Molti agitano il tirso, ma pochi sono baccanti”. Nel  caso specifico del feticismo, che è una costruzione psichica con  risvolti antropologici, religiosi, economici e sessuali, il cui concetto è stato elaborato da Kant, Marx, Freud, Benjamin, Adorno, Lacan e  tanti altri studiosi,  sembra molto difficile credere che sia diventato così popolare e diffuso, se non nella forma caricaturale e degradata di Fetish (la quale costituisce appunto una categoria sotto cui viene ordinata la pornografia).
    La psicoanalista americana Louise J. Kaplan, autrice anche del bel libro Perversioni femminili (Cortina editore, Milano), il quale non a caso è in larga parte costruito con riferimento al grande scrittore francese dell`Ottocento Gustave Flaubert e al suo capolavoro Madame Bovary, nobilita una psicopatologia molto più banale e consona ai nostri tempi: la dipendenza (addiction), la quale è appunto caratterizzata dal bisogno di un oggetto senza qualità e intercambiabile, che deve essere soddisfatto con la massima urgenza in modo compulsivo, senza elaborazioni simboliche,   sospensioni, attese e significati. Perciò il nostro mondo non ha una tonalità emozionale feticista, ma tossicofila.

 

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